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ETF: pro e contro

Investire in un intero mercato, solamente con uno strumento.

Questo è quello che offre uno strumento nato negli anni ‘90 per poi divampare negli ultimi anni, anche grazie alla digitalizzazione. La possibilità di copiare un indice di mercato ad un basso costo tramite una strategia passiva (o indicizzata), ottenendo grande diversificazione e un abbassamento consequenziale del rischio nel lungo periodo. 

Vediamo con precisione quali possono essere i benefici e i contro degli Exchange-Traded Funds. 

Un ETF è un fondo gestito passivamente continuamente scambiato su mercati regolamentati che mira a copiare, replicando fisicamente o sinteticamente, l’indice preso a riferimento di un dato mercato. Così facendo si copia il benchmark che normalmente viene utilizzato per i paragoni e riportando performance passive con spese e costi generali abbattuti. Così facendo si toglie il rischio della scelta attiva e la performance del mercato generale guida i ritorni che si ottengono nel tempo. C’è da tenere conto che proprio perchè scambiati continuamente, al pari delle azioni nel mercato finanziario, una delle peculiarità di questi fondi è proprio il cambio di prezzo a seconda della domanda e offerta che il prodotto sta vivendo. Questo genera una variazione costante del prezzo, scostandosi da quelle categorie di fondi che devono attendere la fine della giornata come possono essere gli Undertakings for Collective Investments in Transferable Securities (UCITS). Non ci sono costi di entrata e di uscita, spese di performance e con costi estremamente ridotti di gestione proprio per la leziosità, quanto utile, della gestione indicizzata. Come per ogni azione acquistata sul mercato ci sono dei costi di intermediazione da dover sostenere che vengono caricati dal broker e l’investitore deve essere pronto a sostenere i costi connessi al rischio bid-ask spread, che variano a seconda delle dimensioni (e quindi liquidità) del fondo. 

I benefici variano in:

  • Grande diversificazione con un capitale utilizzato ridotto, in quanto all’interno dell’indice che viene copiato ci sono una moltitudine di aziende che lo compongono,
  • Costi di commissione che sono estremamente ridotti,
  • Le commissioni per acquisto o vendita sono le quelle caricate dalla banca (o broker online) che carica quando si acquista un ETF nel mercato e possono variare dal 0,20 al 0,70%,
  • Le commissioni di gestione sono le stesse che si caricano anche su fondi attivi ma sono estremamente più contenute, variando da uno 0,09% e 0,75%,
  • L’estrema trasparenza su cosa l’Etf sta investendo dando una perfetta (o quasi, a seconda della metodologia di replica utilizzata) copia del benchmark e dando prezzi conosciuti data la costante negoziabilità sul mercato.

I svantaggi sono

  • I costi di transazione, i quali sono gli stessi da un punto di vista normativo di quelli caricati sulle azioni e,
  • Se il mercato dovesse andare incontro a periodi di drawdown gli ETFs sarebbero colpiti tanto duramente quanto il benchmark (indice di mercato).

Una teoria che può essere utilizzata a supporto di investimenti passivi come possono essere quelli fatti tramite ETF è quella di William Sharpe. Vincitore del premio Nobel per l’economia assieme all’altrettanto noto economista Harry Markowitz nel 1990, costruisce una teoria matematica che spingeva per l’affidbilità nel lungo periodo della strategia indicizzata e descrivibile in diversi punti.

  1. Un indice di mercato performa nell’anno x il 10%. 
  2. Gli ETFs che replicheranno quell’indice avranno una performance lorda del 10%.
  3. Allo stesso tempo, mediamente, anche gli stessi fondi attivi che hanno operato in quel mercato hanno registrato una performance del 10%. Per rendere l’esempio semplice, questo significa che se dovessimo avere 10 fondi che operano in quel determinato mercato, 5 avranno ottenuto un rendimento del 7% e altri 5 del 13%. 
  4. I costi applicati dai fondi attivi però superano di netto quelli indicizzati, in quanto si paga il servizio di selezione proprio con la speranza che esso possa portare ad una sovraperformance rispetto al ritorno ottenuto dal mercato.
  5. Ma se i costi sono più alti, intorno al 2%, significa che nel migliore dei casi otterremo una performance netta del 11% e nel peggiori del 5%. 
  6. Il problema sta proprio nel non poter scegliere retroattivamente i fondi che sovraperformano il mercato e che quindi dato il costo maggiore del servizio, nel lungo periodo si andrà tendenzialmente a perdere soldi in quanto sarà molto difficile che, al netto di costi maggiori caricati su i rendimenti, un fondo scelto sovraperformerà con consistenza l’indice. 
  7. Nello stesso momento invece avremo un indice di mercato che verrà copiato con costi molto più contenuti e che dunque potrà fornire costantemente un ritorno del 9,50% (costi dunque dello 0,50%). 

Dipende dunque molto dall’orizzonte temporale, dalla tipologia di investimento che stiamo cercando e dal grado di rischio che siamo disposti a sostenere per un ritorno potenzialmente migliore ma anche a livello logico l’investire tramite ETFs porta dei vantaggi assolutamente non secondari.

Concludiamo riportando la performance di iShares Core MSCI World UCITS ETF, uno degli Etf emessi da BlackRock che copiano l’indice del mercato mondiale. Il benchmark, riportato in giallo come “Indice”, è per l’appunto MSCI World Index (USD) e la performance, tramite un campionamento ottimizzato, fornisce una replica praticamente perfetta dell’andamento dell’indice di mercato. 

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