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Che cosa sono e come funzionano i “certificates”?

I certificates sono strumenti finanziari derivati cartolarizzati che replicano con o senza effetto leva l’andamento dell’attività sottostante. Per poter comprendere appieno questo strumento bisogna avere due nozioni base:

  • cosa sono i derivati
  • cos’è la cartolarizzazione.

Questi due oggetti sono entrati prepotentemente nei mercati finanziari all’inizio degli anni ‘00, quando il presidente Clinton firmò il Commodity Futures Modernization Act dove si bandiva la regolazione dei derivati. Così facendo, senza addentrarsi troppo nello specifico, si diede il via libera all’utilizzo di questi prodotti ed operazioni finanziarie sempre più complesse, come appunto la cartolarizzazione. Quest’ultima è stata centrale per la crisi dei mutui subprime esplosa nel 2007 anche se ovviamente la colpa non è attribuibile alla semplice operazione ma più alla negligenza di chi l’ha compiuta degli effetti devastanti che avrebbe potuto avere. Per rispondere e fissare il primo punto chiave dell’articolo chiariamo come i derivati indicano nella finanza un titolo finanziario che deriva il proprio valore da un altro asset finanziario oppure da un indice, chiamato sottostante.

Dall’altra parte, l’operazione di cartolarizzazione è una tecnica finanziaria progettata per trasformare strumenti finanziari non trasferibili in altri strumenti finanziari trasferibili. Detto in altri termini, la cartolarizzazione è una complessa operazione finanziaria che, grazie all’emissione di strumenti di debito, come titoli obbligazionari, riusciva ad ottenere nell’immediato il rimborso di un credito a lungo termine (proprio per questo in inglese viene poi chiamata securitisation).

Cosa sono dunque questi certificates?

Parlando dei certificates senza effetto leva possono fornire una possibilità di investimento alternativa a quello dell’acquisto diretto del sottostante. Quando infatti si va ad acquistare un prodotto di questo tipo esso verrà composto da uno o diversi sottostanti, come ad esempio azioni di aziende quotate, e il valore del prodotto stesso varierà a seconda dei movimenti di mercato di questi.

Ma purtroppo, è molto più svantaggioso di quello che sembra.

Quando infatti si acquistano questi prodotti essi possiedono un valore nominale, un prezzo d’acquisto e una cedola (o ritorno complessivo finale). Il problema è che spesso si viene attratti da tassi delle cedole importanti in un regime di mercato di politica monetaria espansiva, dove tendono ad ammorbidire i ritorni che si possono ottenere da altri prodotti. Questi però non vengono ovviamente regalati al cliente, che dovrà sopportare un rischio non da poco. Si comprano dunque dei prodotti ad un prezzo a fronte di un valore nominale. Nel momento in cui i sottostanti superano una barriera e la mantengono fino alla scadenza del prodotto, il valore che si avrà del prodotto non sarà più su base nominale ma su quella reale del prezzo. Cosa significa questo?

Che a meno che quel determinato sottostante recuperi il valore e risalga di quotazione (superando il valore limite) non si avrà più rendimento a fronte di un valore nominale ma solo a valore reale.

  • Valore Nominale 100
  • Valore d’acquisto 50
  • Cedola 50%
  • Durata 2 anni

Quindi, riassumendo:

Anche se dipenderà dal prodotto che si acquista e quindi dalle sue caratteristiche specifiche, se uno dei sottostanti che lo compongono scende sotto un valore barriera (strike price) indicato nel KIID, si perderà la possibilità di guadagnare su base di un valore nominale ma il prodotto prenderà il valore reale del sottostante.

Per cercare di far capire questo meccanismo che sembra complicato ma non lo è affatto, si riporta un KIID di una tipologia di certificates che permette una più immediata comprensione grazie alle informazioni chiave e ad un grafico reperibile su Vontobel dove spiega l’andamento del prodotto.


Se dunque uno dei quattro sottostanti, che in questo specifico caso sono composti da azioni, scendono sotto il valore che viene indicato come barriera si perde il valore nominale (e dunque gli interessi e guadagno agganciato ad esso). Nel caso dunque della lettura dei certificates, lo strike price sarà il livello di riferimento iniziale del sottostante con riferimento al quale si calcola la performance del Certificate. Lo Strike viene determinato nella data di Strike o data di valutazione iniziale.

Quando si acquistano questi strumenti dobbiamo anche sapere che si possono dividere in due differenti categorie:

  • Certificates con effetto leva, chiamati Leverage Certificate e presentano un profilo di rischio/rendimento speculativo. Proprio per questo si adattano maggiormente ad investitori con una buona preparazione tecnico-finanziaria che tendono ad avere una strategia di investimento altamente rischiosa con un orizzonte temporale mediamente di breve periodo.
  • Certificates senza effetto leva, chiamati generalmente Investment Certificate e rispondono ad una logica di medio-lungo periodo caratterizzati da una struttura opzionale sottostante più complessa.

In ogni caso, chiariamo come esistono diverse tipologie di Certificates anche per il loro livello di rischio al quale si espone il cliente. Le categorie sono:

  • a capitale condizionatamente protetto, per salvaguardare una parte del capitale

investito;

  • a leva, strutturati per ottenere le migliori performance dagli strumenti finanziari sottostanti (possono essere a leva fissa o variabile);
  • a capitale protetto, per salvaguardare il capitale investito anche in caso di

perdita del sottostante;

  • a capitale non protetto, dove l’andamento del capitale segue quello del valore

sottostante.

L’aliquota fiscale applicata ai Certificates è del 26% sulle plusvalenze. Queste ultime, se assoggettate allo stesso regime impositivo, possono essere poste a compensazione con le eventuali minusvalenze derivanti da altri strumenti finanziari, come investimenti in ETF o fondi.

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