La crescente sensibilità delle istituzioni, aziende e cittadini verso i temi legati alla sostenibilità hanno portato negli ultimi anni ad una esplosione degli investimenti ESG. La sigla ESG vuole indicare i fattori chiave nei quali si necessitano azioni per preservare il nostro mondo e migliorarlo, indicando su quali segmenti questi investimenti andranno a far leva. Environmental (ambiente), Social (sociale) e Governance dunque saranno messi al centro quando si decide di dare fondi a quei prodotti che si presentano etici e desiderosi di salvare almeno una delle tre lettere.
Ora, nel 2023, sembra come se fosse scontato avere degli investimenti ESG nel portafoglio e che non farlo sia uno dei più grandi errori. Ma quello che vediamo oggi è un percorso iniziato molti anni fa e che ha dovuto certificare anni di miglioramenti nelle performance prima di passare il confine tra aiuto filantropico a reale investimento.
Questo incredibile viaggio ha un punto di svolta che si colloca in un anno particolare: il 2015.
La crescente profittabilità di questa tipologia di investimenti dipende da diversi fattori:
- La percezione dell’investitore sul valore dell’azienda nella sua attuazione di politica aziendale.
- Quanto i cambiamenti climatici o la preoccupazione per questioni sociali permeano la sensibilità delle persone,
- Quanto i vari governi si adoperano con varie leggi e norme per stabilire una via obbligatoria da seguire nella creazione di una politica aziendale etica.
Tutti questi fattori nel 2015 sono stati profondamente scossi a causa di tre differenti avvenimenti:
- Nel maggio del 2015 Papa Francesco pubblica la sua seconda enciclica chiamata Laudato Sì, la quale altro non vuole essere che una lettera alla nostra coscienza per svegliare una preoccupazione alla natura, l’interesse dell’equità verso i poveri e l’impegno della società comprendendo come la gioia e pace interiore risultino essere inseparabili da tutto questo. Si vuole scuotere quelle sicurezze basate sul consumismo e lo sviluppo irresponsabile, ricordando come la terra sia la nostra casa comune.
- Settembre 2015, nell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite viene approvata l’Agenda 30, nella quale si costruiscono i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals) che devono essere raggiunti entro il 2030
- Dicembre 2015, viene firmato da 177 paesi su 193 partecipanti (tra i quali Stati Uniti e Cina) l’Accordo di Parigi in occasione della Conference of the Parties 21 (COP21). L’intenzione e l’azione che doveva essere attuata da subito sotto forte preoccupazione della comunità scientifica era quella di ridurre l’emissione di gas serra e incentivare tipologie di investimenti sicuri per mantenere il livello dell’innalzamento delle temperature nei 2 gradi (e se possibile 1.5).
Questa introduzione è doverosa per capire che dove siamo arrivati ora è parte di una progressione di consapevolezze che tenderà solo a crescere, per quantità e qualità. Sempre più norme stringenti saranno attuate dai governi che penalizzano le aziende non rispettose dell’ambiente e del sociale compresa l’enorme pressione che le persone e gli investitori nello specifico avranno su settori che remeranno contro al benessere comune.
Per far capire la pesantezza e l’importanza di quello che stiamo vivendo in chiave investimenti, una ricerca fornita da Ocean Tomo (azienda americana di consulenza che fornisce prodotti e servizi finanziari) nel 2020 valuta come se nel 1957 il financial balance sheet poteva fornire e catturare 80% del valore dell’impresa nello Standard % Poor’s, nel 2015 riusciva solo per il 20%. Questo perché l’analisi quantitativa non basta più per capire e valutare un’azienda ma si deve andare a cercare la loro capacità comunicativa e soprattutto la direzione della politica aziendale riguardo a questi fattori. I nuovi business model per comprendere e attuare delle analisi integrano sempre più questa parte lasciata prima come secondaria, così da avere una visione olistica di ciò in cui si sta investendo.
Se poi si vanno a vedere il rendimento degli indici più importanti del mercato azionario mondiale degli ultimi dieci anni e si confrontano quelli standard con i ripuliti che rispettano le caratteristiche ESG, pendono per le performance riportate tutti a favore dei secondi. Molte ricerche condotte fino al 2015 avevano solo mostrato una maggiore resilienza da parte degli investimenti ESG proprio per l’intenzione con la quale chi impegnava del capitale era quello di portare ad un miglioramento che andava oltre il loro patrimonio personale, fidandosi dell’azienda anche in periodi di crisi.
Questo però è cambiato.
Ora non si parla solo di resilienza ma proprio di vittoria.
Per investire ci sono poi una grande batteria di prodotti che vengono offerti, passando dai green bond ai fondi Esg fino ai replicanti Etf. Il tutto però potrebbe essere “verniciato di verde”, ingannando il cliente non solamente per la motivazione con la quale si vuole contribuire alla causa ma anche per un potenziale ritorno futuro compromesso dalla non sostenibilità. Un esempio concreto è quanto successo a seguito della mega emissione di obbligazioni da 4 miliardi per la creazione di un aeroporto più ecologico ad Hong Kong. Banche come HSBC e BNP Paribas che fanno avvicinare gli investitori a progetti etichettati come green quando mettono nelle condizioni di compromettere ancora di più la qualità dell’aria e le biodiversità, sono un chiaro esempio di come anche la stessa vendita di prodotti green sia fonte di inganno.
Qualsiasi tipologia di strumenti si vanno a scegliere nel momento in cui si vanno a scoprire scandali di incoerenza su quanto promesso, sanzioni nel medio-lungo periodo rischiano di far perdere valori importanti ai nostri investimenti che con il potere dell’ultra connessione tendono a reazioni esagerate. La reputazione danneggiata anche avendo una solida situazione finanziaria causa danni a volte difficili da recuperare nel breve-medio termine o impossibili anche nel lungo come nel caso della British Petroleum e del disastro ambientale causato dalla loro piattaforma nel 2010.
Proprio a confermare questa forte componente vi è la situazione degli investitori istituzionali che stanno spostando tutti i loro capitali in direzione ESG. Oltre a questo ci sono anche importanti filoni normativi legati alla sostenibilità nel 2021 come ad esempio quello della trasparenza dei prodotti finanziari e su come viene integrato negli stessi il rischio Esg (altro non è che il regolamento europeo Sfdr, che sta per Sustainable Finance Disclosure Regulation). Oltre a questo, tantissime altre iniziative nel mondo stanno prendendo piede proprio al centro della Commissione Ue considerata da sempre portabandiera di questa presa di posizione sostenibile e resiliente, che mette nelle condizioni su come le aziende e gli istituti finanziari stessi debbano divulgare informazioni su l’integrazione dei rischi ESG e le criticità da loro affrontate.
Tutto questo mette nella condizione di far scegliere quegli indici, aziende ed obbligazioni che oltre a trasmettere una solidità finanziaria riescono anche a contenere i rischi a causa di tutti questi cambiamenti ad i vari fondi pensione, assicurazioni e fondi di investimento vari. La loro mole non è altro che un incentivo gigantesco a tutte le aziende di percorrere la strada sostenibile, proprio per non essere lasciati indietro riducendo la loro importanza sul mercato.
Per concludere quando si investe in fondi ESG non bisogna affidarci neanche semplicemente al nome. Il settore stesso non fa il monaco in quanto potrebbe esserci esempi di fondi comuni che investono in energia rinnovabile con un basso rating di sostenibilità perché non smaltiscono le sostanze che usano adeguatamente o perché alcuni dipendenti vengono sottopagati.
Dall’altra parte un’azienda petrolifera si potrebbe impegnare nella riduzione dell’inquinamento ambientale con tante diverse iniziative diminuendo le emissioni tossiche e aumentando misure di sicurezza per evitare incidenti sul lavoro. Anche per questo l’introduzione di parametri standardizzati voluti dall’Europa o altri governi mondiali per definirsi sostenibili è un grande passo in avanti per evitare che l’etichetta Sri (o ESG) sia soltanto un ritocco cosmetico degli investimenti.
L’integrazione quindi di questi criteri ambientali, sociali e di governance nei portafogli degli investitori previdenziali sarà solo che rafforzato negli anni a venire, consolidato proprio da provvedimenti normativi che stanno interessando il settore previdenziale.
La stessa crisi che stiamo vivendo degli ultimi 3 anni ha messo alla luce come molti fondi pensioni italiani sono riusciti a compensare ribassi violenti proprio grazie all’adozione di criteri di investimento Esg che si sono sedimentate alla base delle varie strategie di costruzione del loro portafoglio. Nel 2015 una ricerca condotta dal Forum per la Finanza Sostenibile in collaborazione con Mefop e MondoInstitutional chiamata “Le politiche di investimento sostenibile e responsabile degli investitori previdenziali”, la percentuale dei piani che dichiaravano di adottare una politica di investimento Esg era pari al 40% del campione. Nel 2020, dopo solamente 5 anni il dato si attestava al 62% spinto dagli obiettivi di contribuzione allo sviluppo sostenibile e proprio alla più efficace gestione dei rischi finanziari e alla mitigazione dei rischi reputazionali. Lo stesso fondo negoziale di Prevaer ha sovraperformato nel 2020 rispetto ad altri fondi, proprio in virtù della forte direzione sostenibile che da anni contraddistingue la politica di allocazione del fondo. Nel primo trimestre i fondi bilanciati azionari scendevano del 10,1% mentre Prevaer solo 7,09% e il bilanciato a -4.1% contro un -6% medio dei vari fondi.
Concludiamo l’articolo con un citazione di Marco Barlafante, direttore generale di Prevaer:
«La stabilizzazione del portafoglio prodotta dai criteri Esg per noi è fondamentale perché è nei momenti di crisi che i lavoratori sono maggiormente portati a chiedere riscatti e anticipazioni e quindi la volatilità va compensata grazie ai fattori di sostenibilità in grado di ridurla al meglio. Non è ovviamente possibile pretendere una crescita uniforme dei valori quota dei fondi pensione, ma per chi come noi, deve considerare nella massima attenzione le esigenze degli iscritti, è importante ridurre la variabilità dei risultati».