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Quali sono gli indicatori reddituali e patrimoniali di borsa (EY, P/E, P/CF etc)

Quando si opera sul mercato borsistico bisogna sempre effettuare delle analisi precise per capire cosa si sta comprando e a quale prezzo. Gli indicatori che infatti vengono utilizzati servono, alla fine, ad avere una comprensione di quello che si sta acquistando e se il prezzo deciso dal mercato sia effettivamente giusto. Esistono indicatori generali, che possono essere usati per qualsiasi tipologia di azienda, oppure quelli particolari i quali sottolineano ed enfatizzano determinate caratteristiche di un settore specifico.

L’appropriatezza del prezzo con il valore intrinseco dell’azienda è il primo passo che bisogna avere per comprendere quanto sia opportuno l’acquisto di quell’azione e vedere in termini reali se il mercato la ha sopravvalutata o sottovalutata. Questo creerà una relazione tra il valore economico dell’impresa (quanto profitto riesce a generare) e quello che il mercato pensa possa valere, formando così il prezzo di Borsa. La volatilità dei mercati riduce il contenuto informativo insito nei prezzi, avendo un risultato più o meno efficiente a seconda che:

  • il mercato azionario sia più o meno sviluppato,
    • il prezzo varierà a causa di instabilità politica e istituzionale (non derivante quindi da problemi interni all’azienda),
    • un asimmetria di informazioni tra chi effettua scambi, ●      Dimensioni della capitalizzazione della società.

Tra dunque gli indicatori reddituali e patrimoniali che vedremo, possiamo iniziare sicuramente la nostra lista da:

  • Earning Yield: In Italiano viene riportato come il “rapporto tra utili e prezzo” e difatti il rapporto che bisogna fare per ottenere questo primo indicatore è tra l’utile per azione (atteso) e il prezzo corrente del titolo. Questo permetterà di capire quale sia il tasso di rendimento di un determinato investimento, un pò come potrebbe essere un ROE ma direttamente con il prezzo dell’azione. Così facendo si può capire la redditività di ogni singola azione per ogni euro investito e, più alto il dato, più il rendimento diventa interessante.

Se, ad esempio, l’azienda XYZ chiude l’anno con le proprie azioni scambiate a 10 euro e registra un EPS di 2 euro (utili per azione), significherà che l’Earning Yield sarà pari al 20%. Quindi ogni euro investito avrà un ritorno di 20 centesimi. Bisogna sottolineare che ci sono alcuni fattori che possono influenzare facilmente e pesantemente la valutazione, da ritrovare nell’allocazione dei dividendi. Un’azienda che converte molti dividendi in un’alta percentuale di utili (e quindi che distribuisce e non reinveste) possiamo vedere un valore molto interessante ma comunque non completo. Quando una società non reinveste quanto guadagna bisogna sempre porsi la domanda se riuscirà ad ingrandirsi nel futuro e a generare delle prospettive concrete di crescita di lungo periodo. Un esempio opposto è il completo reinvestimento che toglie di fatto dalle mani dell’investitore un ritorno per azione importante ma che può generare nel lungo periodo un aumento del valore intrinseco dell’azienda stessa.

Il messaggio ultimo di questa parentesi è come un singolo indicatore non può essere sufficiente a capire e a dare una valutazione appropriata per poter comprendere se il prezzo dell’azione sia effettivamente giusto.

  • Il secondo indicatore che analizziamo è Price Earning (P/E).

Questo rappresenta uno dei parametri più sintetici da utilizzare per valutare un titolo. Un pò simile per struttura al primo indicatore ma con una distinzione comunque chiara che si può fare. Il Price Earning è calcolato dividendo il prezzo di mercato di un’azione per la sua Earning per share (utili per azione), indicando quanto ogni investitore è disposto a pagare per ogni euro che ritorna indietro di guadagno. Al contrario, Earning Yield, trasmette il ritorno che un’azienda genera sulle sue azioni. Questo secondo rapporto che stiamo analizzando è estremamente utile per valutare le performance dell’azionario di un’azienda ed è usato per comparare il valore di mercato corrente di un’azione con i suoi ritorni, così da aiutare l’investitore a determinare se si sta pagando troppo o troppo poco per ogni profitto generato dall’azienda.Tradotto in parole più povere, ci dirà al tasso corrente e utili costanti quanto tempo ci vuole per recuperare l’investimento fatto (Costo iniziale). Ovviamente è fin troppo semplice aggrapparsi a questo unico valore, proprio per la sua semplicità con la quale viene calcolato che non può essere sufficiente. Oltretutto è un calcolo che non può essere utilizzato per le aziende che sono in perdita, proprio perché non avrebbero un utile costante capace di darci una risposta. Sicuramente un fattore positivo è che è adatto a tutte le aziende, anche quelle che decidono di non pagare dividendi per reinvestire quanto fatto e la possibilità di fare un confronto di prezzi di titoli che operano nello stesso settore.

  • Il terzo indicatore è Price Cash Flow (P/CF).

Viene data dal rapporto tra il prezzo e il cash flow, ovvero la somma degli utili più gli ammortamenti. Questo rapporto deve essere analizzato in base alle circostanze per poter prendere delle decisioni concrete in quanto intesi periodi di investimento (dove il cash flow risulterà negativo o basso) potrebbero causare dati fuorvianti. Se ci fosse un elevato valore significa che il rapporto potrebbe essere dipeso “da un intenso programma di investimenti per il rinnovo degli impianti e per il loro potenziamento che nel breve periodo penalizza la redditività aziendale”. Dall’altro canto “un basso valore può fornire indicazioni sulla selezione degli investimenti azionari”.

  • Il quarto indicatore è Price Book Value (P/BV).

Questo multiplo di Borsa che consente di confrontare la valutazione patrimoniale fatta dal mercato, che altro non è che il prezzo, con quanto effettivamente riesce ad esprimere la società con il bilancio (e quindi il patrimonio netto). Il valore contabile dovrebbe essere pari o inferiore proprio per non trovarci in una situazione di sottovalutazione del titolo. Questo significherebbe che se il valore non fosse almeno pari ad uno, la capitalizzazione di borsa sarebbe inferiore anche al solo ammontare del patrimonio netto. In gergo contabile per patrimonio netto si intende la differenza tra l’attivo al netto dei fondi di rettifica e il totale delle passività, ossia i mezzi propri dell’azienda. I vantaggi sono da ritrovarsi principalmente nella grande possibilità di utilizzare questo valore per fare confronto tra aziende dello stesso settore e una stabilità più grande rispetto all’utile con il prezzo di mercato. Da sottolineare anche come in periodi di elevata variabilità di redditività alcuni indicatori come P/E o P/CF (quindi con Earnings e Cash Flow al centro) tendono a perdere affidabilità, finendo per
basare l’analisi su fattori più “solidi”, come quelli appunto patrimoniali.

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